venerdì 24 giugno 2011

Un libro può far paura, ora lo so

Un libro può davvero far paura.
Le sue parole, la linea delle lettere messe in fila una dietro l'altra nero su bianco possono davvero muovere all'azione.

Ieri sera, alla mia presentazione a Radio Aut a Pavia, l'avvocato ed ex assessore al Commercio Pietro Trivi - ora imputato insieme a Carlo Chiriaco (ex direttore generale dell'Asl di Pavia, imputato anche di concorso esterno in associazione mafiosa, considerato dagli inquirenti il mediatore tra l'élite pavese e i boss della 'ndrangheta) in un processo per corruzione elettorale aggravata (si sarebbe comprato 150 voti dalle cosche di 'ndrangheta a Pavia per 2000 euro cacciati in una busta, il che farebbe 13 euro a voto), processo costola del più grande maxiprocesso "Infinito" il cui capo d'imputazione maggiore è l'associazione mafiosa dentro la cupola di 'ndrangheta lombarda - si è presentato e a un certo punto ha voluto prendere la parola davanti al folto pubblico di ragazzi per difendere la sua posizione, intercettazioni alla mano, che ha voluto leggere, come in una arringa autodifensiva.

Personalmente credo che la sua situazione processuale sia la meno compromessa, e infatti dentro Alveare lo spazio che dedico alla sua posizione è poco più di una riga in tutto. Sarà difficile, secondo me, che la procura riesca a dimostrare la corruzione elettorale, perché ci sono pochi elementi a supportarla. Al di là della sua colpevolezza penale rimane però come fatto da nessuno contestato la busta con dentro i contanti, segno oggettivo di come alcune persone intendono la politica. Altre sono le posizioni più gravi, di politici di alta caratura magari non indagati ma in stretti contatti con i boss, e non con Chiriaco (intermediario): Abelli, Giammario, Ciocca, per esempio.

Poi ha voluto prendere la parola anche Walter Veltri, il fratello di Elio, ex consigliere comunale a Pavia. E la presentazione di Alveare e il dibattito sulla presenza della 'ndrangheta in Lombardia stava per trasformarsi in un consiglio comunale di ex, pareva il terreno, il puro pretesto per lo scontro tra opposti schieramenti. Per fortuna dopo poco il pubblico ha preferito che si parlasse di ciò per cui aveva deciso di uscire di casa.

Ma il fatto che Pietro Trivi abbia ritenuto di venire a "controllare ciò che si diceva", di fare la sua grande arringa difensiva di fronte a un pubblico di giovani (dal potenziale "virale" molto elevato, col potere di spargere la propria opinione per la città) mi ricorda che la parola allora, ancora conta.

E questo, bombardati costantemente dalla menzogna (che diventa vera solo perché ripetuta e amplificata) e dalla contro-menzogna (che resta comunque vera solo perché di nuovo ripetuta e amplifica, pur dicendo il contrario della prima e uscendo dalla stessa bocca), dal crollo quotidiano dell'elementare principio antico della non-contraddizione, è per lo meno rassicurante.

Esiste la verità scritta nero su bianco.

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